Il Complesso di Palazzo Comelli, sito nel borgo storico di Cà Melati, è elemento di spicco nel contesto dell’antica frazione di Bargi, posta a monte del lago di Suviana e all’interno del Parco Regionale dei Laghi.
Acquisito dall’amministrazione comunale nel 2004, è uno dei più importanti episodi architettonici e culturali della valle del Reno.

Il Palazzo si articola attorno a suggestive corti interne, fiancheggiato dalla Casa del colono e da stalle e fienili ancora oggetto di interventi di restauro.
All’interno del fabbricato principale sono presenti sale per la consultazione dell’Archivio storico notarile della famiglia Comelli, sale espositive, per conferenze e corsi sul territorio.
Elementi di particolare interesse sono inoltre la grande meridiana e la Casa Museo, di prossima apertura, posta al piano nobile.
Al complesso appartiene anche il piccolo Oratorio di Santa Maria in Porcole posto lungo la strada di accesso al borgo.

Il Complesso, fiancheggiato da antiche piante di bosso, gode di una spettacolare vista sul lago di Suviana, cui fanno da sfondo le montagne dell’Appennino tosco-emiliano.
Il borgo di Ca’ Melati si può considerare parte integrante di un sistema organico di borghi storici a cui un intervento di restyling urbano conclusosi nel 2005 ha restituito il dovuto carattere semplice ed ordinato degli insediamenti montani.

Il palazzo, a cui si giunge lungo un elegante viottolo fiancheggiato di antichi e rigogliosi bossi, sorge al centro dell’antico borgo di Ca’ Melati e, lontano dalle forme rustiche delle dimore in pietra tradizionali, costituisce un dotto esempio di architettura borghese della montagna, oltre ad essere uno dei più importanti edifici storici della valle del Reno.
Le sue trasformazioni sono opera della famiglia notarile Comelli, che vi abitò fino alla fine del Novecento.

Frutto di ampliamenti avvenuti nel corso dei secoli dovuti al mutare delle esigenze della ricca famiglia, la residenza si articola attorno a suggestive corti interne. Verso valle si apre l’imponente facciata maestra, dai due bassi avancorpi e dal timpano triangolare centrale dove spicca lo stemma di famiglia. Sul lato sud troneggia un enorme orologio solare seicentesco.
All’interno, su imponenti cantine, gli ambienti del piano nobile, di sobria ma raffinata eleganza, densi di storia e di memorie, sono senz’altro sorprendenti per un edificio di montagna sorto in un luogo un tempo così remoto.
I locali testimoniano ancora la presenza viva di Gianbattista, l’ultimo Comelli che vi abitò stabilmente. Costui diede al nome dei Comelli l’impronta erudita e preziosa che oggi lo segna.
In particolare gli si deve l’organizzazione dello straordinario archivio di atti notarili redatti dai suoi antenati, riguardanti Bargi e il suo circondario tra il ‘500 e il primo ‘900.

La peculiarità di questo edificio, che lo rende unico nel suo genere, è la presenza di tutti gli arredi originali al piano nobile. Le stanze sono caratterizzate da camini in pietra naturale locale: arenaria e rocce ofiolitiche, come dichiarano le originali incisioni.
Questo sottolinea l’interesse dei Comelli per la storia locale, così come per il collezionismo: sono infatti presenti numerosi ventagli, bastoni e stampe.

Altri temi ricorrenti del Palazzo sono inoltre riscontrabili dagli oggetti in esso ritrovati:
storia (stanza dedicata a Napoleone), araldica (leit-motiv stemma Comelli), genealogie e classificazionitemi ludici (tombole, dadi, carte), temi religiosi/devozionali, astronomia (cannocchiali, tavole del cielo), legame con Bologna (mappa, stampe), legame con la Toscana (vedute Zocchi).

NOTE STORICHE

Si suppone che il nucleo iniziale coincida con il blocco centrale che rispecchia la tipologia di casa a torre tipica degli edifici appenninici medioevali: ne è testimonianza la finestra lobata di antica fattura, le mensole in pietra e le aperture a sesto acuto.
Nel settecento il palazzo subì notevoli trasformazioni come attesta la data incisa sull’apertura ovale della piccola corte interna. Il Palazzo riportato nel catasto pontificio (1817-1916) aveva la consistenza odierna.

La foto di Luigi Fantini, pubblicata in “Antichi Edifici Della Montagna Bolognese”, mostra la facciata principale prima dell’inserimento della trifora datata 1947. Si può supporre inoltre che la facciata fosse interamente intonacata: differentemente da quanto si crede tutte gli edifici dell’Appennino non erano in pietra a vista, bensì intonacati e tinti a calce gialla o rossa.