L’Oratorio di Santa Maria Porcole, con annesso ospitale, edificato nel XIV secolo e ricostruito nel XVIII, è posto nell’alta valle del Limentra a confine con il territorio pistoiese in una fitta rete di sentieri, valico Appenninico medioevale tra le terre dell’Emilia e della Toscana e quindi percorso da commercianti e pellegrini in viaggio verso Firenze e i santuari dell’Italia Centrale fino a Roma. L’Hospitale di Santa Maria Porchore a volte viene definito anche Hospitalem Sancte Marie de Bargi o S. Maria di Forcole o Porcolis (S. Maria dei Porcellini) forse in riferimento agli allevamenti di porci che i longobardi avevano impiantato in questi territori. Le Chiese e le cappelle della valle erano a quel tempo edifici modesti che riflettevano gli schemi architettonici delle circostanti costruzioni non religiose mentre una maggiore cura veniva dedicata all’interno.
La più antica menzione dell’Oratorio con ospitale compare in un estimo del 1315 che ci fornisce informazioni sul borgo con strette vie attorno alla piazza della Chiesa. Da un contratto di enfiteusi del 1499 fatto dal Rettore dell’Ospitale se ne può dedurre il compito specifico: un abitante del borgo si impegna a gestirlo accogliendo fino a tre “pauperes peregrinos”, purché non infermi di peste, e a fornire loro legna per il fuoco ma nessun genere di vitto.
Un inventario del 1777 dà una descrizione dell’edificio di culto che induce a considerarlo una ricostruzione sei-settecentesca, ipotesi confermata dal fatto che nel resoconto di una visita pastorale del 1555 si fa riferimento alla piccola chiesa come già allo stato di rovina da molti anni.
Inoltre l’incisione dell’architrave dell’ingresso afferma: “REEDIF. FVIT A R.D. ANTONIO GAL. COMELLI R. ANNI 1730” data in cui Antonio Galeazzo Comelli avrebbe riedificato l’Oratorio e a cui potrebbero risalire le tempere di architetture ritrovate nelle murature sopra al controsoffitto della sagrestia e all’imposta della volta. Nel 1868 vennero realizzate le decorazioni della volta in arelle ad opera del pittore Luigi Samoggia, come testimonia l’iscrizione posta dietro al quadro al di sopra dell’altare, e altre probabili opere di restauro come la suddivisione in due locali e la realizzazione dell’altare in stucco.
Nel 1948, come si legge nei cartigli dipinti sulle pareti, ad opera dei Comelli vennero ravvivati i decori della volta e realizzata la finestra semicircolare posta al di sopra all’ingresso, in sostituzione di una finestra rettangolare, tamponata per inserire un puntone all’ampio sporto del coperto, eliminato durante il restauro.